mercoledì 14 marzo 2012

la Baraggia

"Chi non conosce le baraggie, non può dire di sapere cos'è il Piemonte" Scriveva Mario Soldati in Vino al Vino, fine autunno 1968: "Oggi la baraggia era stupenda. Nel sole invernale, sullo scenario violetto e bianco delle Alpi, le baraggie erano immensi boschi fitti di querce, ed erano alternamente, campi sterminati di altissime erbacce filamentose, tutte di un compatto, caldo, vivo, splendente giallo zabajone, su cui tornavano a spiccare, qua e là, i rossi ruggine di alcune querce isolate. I medesimi colori di certi altopiani del Kenia"

La Baraggia è una terra affascinante che si trova ai piedi del Monte Rosa; prende il suo nome da brughiera, ovvero landa ricoperta da brugo o erica, arbusto sempreverde. In tempi antichi, questo tipo di vegetazione la rese un luogo ideale per i pascoli invernali delle greggi transumanti dalle Alpi biellesi. Con i secoli e con una capillare quanto ingegnosa opera di canalizzazione, parte della baraggia è stata trasformata in risaia. Il riso è l’unica coltura che può sopravvivere a questo tipo di terreno e di habitat e qui assume delle caratteristiche morfologiche e qualitative uniche.
Al riso di Baraggia è stata riconosciuta nel 2008 la Dop “Riso di Baraggia Biellese e Vercellese”.

Il riso coltivato in Baraggia conferisce al chicco una straordianaria tenuta in cottura ed una migliore assorbimento degli ingredienti. Con la cottura il riso di baraggia manifesta una superiore consistenza del grano e una minore collosità, rispetto all’omologo di altre zone. I chicchi hanno anche una maggiore tendenza a non scuocere, a non incollarsi, a rimanere compatti e sempre al dente e ad assorbire uniformemente il condimento.

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